Page 11 - Claudio Fasoli - Thoughts
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vuoti all’interno di creazioni architettoniche ardite o
innovative.
Anche nel cinema non mancano esempi analoghi: il
cinema delle origini era detto cinema muto proprio per
la mancanza di sonoro,ma non per questo risulta essere
meno significativo esteticamente e storicamente. Ma per
silenzio si intende la volontà di “silenzio” e non la
accettazione di una inadeguatezza tecnologica e questo
è stato perseguito da vari autori, non dimentichiamo
Eisenstein, Bergman e Antonioni.
Pertanto, illuminati da queste esperienze parallele a
livello di linguaggi espressivi contemporanei, vediamo
come anche nella musica del ‘900 lo spazio del silenzio
comincia a venir considerato utile ai fini espressivi e
profondamente coinvolgente.
I primi nomi che mi vengono in mente sono Anton
Webern, ma anche Luigi Nono e Salvatore Sciarrino: non
sono i soli ma sono assai paradigmatici in quanto
possiamo dire che la loro tavolozza, in modo assai
diverso e personalmente articolato, prevede l’uso
frequente o continuativo del ricorso al silenzio come
elemento architettonico delle loro composizioni, un
riferimento presente e possibile di espressività non
necessariamente ignota o misteriosa. Spesso questo
elemento vale come legante e come costante fondale
compositivo cui sovrapporre elementi chiaroscurali o
intuitivi.