Page 12 - Claudio Fasoli - Thoughts
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Possiamo cercare anche nella musica jazz situazioni
simili? onestamente credo che siano rari gli esempi in
tal senso: normalmente anche il jazz coltiva più il pieno
che il non-pieno però mi sembrano rappresentative nel
senso del silenzio certe intenzioni espressive di Steve
Lacy in qualche circostanza di solo, o di altri musicisti
dell’area Ecm, etichetta discografica tedesca che tende a
teorizzare la parsimonia espressiva e il culto del suono,
che tengono conto della presenza del silenzio
nell’articolazione compositiva e solistica ( Jon
Christensen, Tomasz Stanko, Anders Jormin etc.)
Va però sottolineato come, a livello meno radicale,
anche in altri musicisti dell’area del jazz siano
rintracciabili le stigmate del culto del silenzio inteso
soprattutto solisticamente: penso al Miles Davis di
“Miles Ahead” o di “Kind of Blue”, a Bix Beiderbecke
della Jazz Gang, a Wayne Shorter di Virgo o Infant Eyes,
ma anche col quartetto più recente, come pure al Bill
Evans, solo e trio, “Conversations with myself” ma anche
“Live at Vill.Vanguard”, o Chet Baker anni ’80, Mick
Goodrick in “Rare Birds”, e vorrei citare anche me stesso
in “Egotrip” o in “Inner Sounds of Seven Hours”etc.: si
direbbe che questa predisposizione al rispetto del
silenzio nella articolazione solistica si identifichi con
una connotazione contemplativa della personalità
musicale, con un amore per il non-dire-tutto al posto del
viscerale desiderio di riempire ogni spazio possibile,
quasi una considerazione per la riflessione più che per
un violento affollamento delle coordinate espressive.